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La facciata |
STORIA
Il santuario sorge su un dosso roccioso presso Sondrio,
vicino alla strada statale e lungo quella che una volta era la
strada provinciale. Secondo la tradizione, fu fondato in età
medievale (nel 932) per rispondere a una precisa richiesta
della Madonna, che sarebbe apparsa in sogno all’arciprete
facendogli notare che in valle non era ancora stato dedicato
un tempio in suo onore e indicando il luogo dove questo
avrebbe dovuto essere costruito.
L’edificio attuale è però databile intorno al XV secolo e non
esistono documenti che attestino la sua precedente fondazione.
La chiesa fu ampliata tra il 1682 e il 1685 con la costruzione
del portico, della sagrestia e del campanile; subì
un’ulteriore modifica nel 215, quando fu edificata l’unica
cappella laterale, dedicata alla madonna del Carmine.
Nel 1511 fu affidato ad Andrea De Passeris di Torno il compito
di affrescare le pareti dell’abside, come risulta da un
documento dell’archivio parrocchiale di Sondrio: "Il maestro
Andrea de Paseri…stipula e accetta di dipingere tutta l’abside
e l’arco di detta abside della Chiesa suddetta di Santa Maria
della Sassella con codeste figure e parti superiori dei
corpi." (Sondrio, 1511, aprile 24) Nel 1520 forse D.
Cannazzore preparò la piccola vetrata della finestrella
dell’abside. Il marmoreo altar maggiore fu costruito nel 1716
dal ticinese Adamo e la pala d’altare datata 1534 una volta
esistente (ora trasferita nella parrocchiale della Beata
Vergine del Rosario) si deve a Vincenzo De Barberis; mentre
nel 1683 – 84 fu eseguita da parte di M. Cogoli l’imponente
ancona laterale che fu l’altar maggiore del santuario prima di
essere trasferita.
La chiesa venne consacrata nel
1521 da Francesco Ladino, vescovo di Laodicea, su licenza del
vescovo di Como.
DESCRIZIONE
La pianta è ad aula, con portico avanzante, abside
semicircolare, piccola sagrestia e un anomalo campanile a
sezione pentagonale.
La facciata a capanna è caratterizzata da un portalino
marmoreo quattrocentesco ornato con un motivo a torciglione e,
nella lunetta, con un bassorilievo raffigurante la natività.
Quest’ultimo è composto da tre parti totalmente incoerenti fra
loro e di cui si ipotizza una inserzione successiva.
Nel sottotetto del portico vi era poi una monofora circolare,
oggi nascosta, caratterizzata da una decorazione a bande
colorate.
Esternamente l’edificio è molto sobrio e le decorazioni a
graffito si limitano a sottolineare i contorni delle monofore
e del sottogronda. L’unica eccezione è un affresco di San
Cristoforo, patrono dei viandanti, che, per essere visto dalla
valle, è rivolto a sud ed è di grandi dimensioni. L’interno è
coperto da volte a crociera ed è dunque suddiviso in campate;
gli archi, come il grande occhio del portico, erano
originariamente ornati da bande colorate rimaste nascoste
dalle decorazioni rinascimentali.
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Volta
della seconda campata.
Al centro è raffigurata una Madonna col bambino. |
La navata è illuminata da alcune
finestrelle adiacenti il portale e, soprattutto, da due
monofore del lato destro, rivolto a sud. Al posto della
probabile terza monofora vi è oggi l’unica, piccola cappella,
accanto alla quale è stata recentemente rinvenuta, in
concomitanza con una struttura semicircolare sotto il
pavimento, un’antica apertura. All’interno, riccamente
affrescato, spiccano una Madonna in trono, su una parasta di
sinistra, e un’interessante Madonna Addolorata, all’interno
della seconda lunetta sempre di sinistra. Quest’ultima è
trafitta da sette spade che, in concomitanza con altrettante
figure circolari, rappresentano i Dolori della Vergine. Gli
affreschi di maggior interesse sono tuttavia quelli absidali
del comasco Andrea De Passeris. Essi consistono in alcune
scene della vita della Madonna, nella rappresentazione degli
Evangelisti, di Sibille, di profeti e di un Cristo
Pantocratore al centro del ciclo. Sempre dello stesso autore
sono le decorazioni dei sottarchi, con Santi e Profeti. Di un
certo valore artistico è poi anche la vetrata absidale
rinascimentale rappresentante l’Adorazione di Gesù Bambino.
Infine, le decorazioni della cappella e la scena con Ester e
Assuero nella lunetta della controfacciata si devono a Giovan
Pietro Romegialli.
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Portale
della chiesa circondato da colonne tortili. Nella lunetta,
posta sopra l'architrave raffigurante i simboli
eucaristici JHS (Jesus hominum salvator), è raffigurata la
natività. |
Oltre agli affreschi sono degni
di nota la grande ancona ora ospitata nella cappella e
l’altare maggiore. Quest’ultimo, in marmo, è addossato, per
ragioni di stabilità, alla parete di fondo. L’ancona laterale
è invece in legno dorato e venne intagliata da Michele Cogoli.
CURIOSITÁ
Graffiti
Nel corso degli ultimi restauri sono affiorati, sulle pareti
del portico, interessanti iscrizioni del ‘700 riportanti nomi
di pellegrini partiti da Sondrio per recarsi a Roma in
occasione degli anni giubilari. (1700 – 1725)
Il Sacro Monte
Il santuario fu sempre molto caro ai sondriesi che, all’inizio
del ‘700, pensarono di dar vita a un Sacro Monte sul modello
dei tanti sorti in Lombardia durante il secolo precedente.
L’idea prevedeva di costruire, lungo il percorso verso il
santuario, quindici cappelle dedicate ai Misteri del rosario.
Solo sei cappelle furono costruite, di cui due arredate con
grandi statue lignee intagliate da Giovan Battista Zotti: il
progetto fu abbandonato a causa delle spese dovute
all’ampliamento della collegiata di Sondrio e a una terribile
alluvione del Mallero.
Storia e fede
Luigi Casati, che fu rettore del Santuario dal 1791 al 1807,
riporta questa leggenda: "L'origine di questa chiesa si
riconosce dall'anno 932 di nostra salute, in cui Maria Vergine
apparve all'Arciprete lagnandosi perchè la Valtellina già
dichiarata sua diletta Provincia, non le avesse peranche
alzato alcun tempio in suo onore, bramandone uno nel luogo
detto la Sassella.
In vista di tale Apparizione il buon Arciprete elesse due
fabricieri ed apparecchiato il materiale, già disponevasi di
piantare le fondamenta nel piano vicino al fiume Adda, per
dove passava la strada di Valle, quand'ecco che in una notte
portentosamente trovossi trasportato il materiale sopra il
colle vicino, ed apparendo di bel novo Maria Vergine
all'Arciprete, ed alli fabricieri avvisolli che il uogo da lei
destinato per il suo tempio era quello, ove la mattina
seguente avrebbero ritrovato il materiale.
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Madonna
in trono col bambino. Questo affresco su una parasta della
parete laterale sinistra è emerso dopo gli ultimi restuari. |
Divulgossi questo prodiggio
nella Valtellina, ma eziandio nelle vicine provincie, dalle
quali a folla venivano per divozione con tali abbondanti
elemosine, che in soli tre anni fu compitamente ridotta la
chiesa a perfezione nel luogo ove di presente si vede".
Inoltre Luigi Casati riporta nei suoi scritti quello che è
riconosciuto come uno dei più bei miracoli della Madonna della
Sassella, miracolo ottenuto, scrive il sacerdote, da Dio per
l'invocazione fatta alla B.V. della Sassella il 18 giugno 1736
da due boni Religiosi Capuccini, che con altre nove persone
traghettando l'Adda oltre modo gonfia sul Porto d'Albosaggia,
di questo spezzatosi la grossa catena, et infrantesi le navi,
tutti trovaronsi giù naufragati (...) e chi nel piano di
Castione, chi in quello di Cajolo, e chi finalmente al ponte
di S. Pietro tutti undici furono portentosamente salvati."
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La regina
Ester a colloquio col marito Assuero. Quest'affresco
della controfaccita è opera di Giovan Pietro Romegialli
chiamato a restaurare i precedenti affreschi del De
Passeris |
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Affresco
di Cristo Pantocratore
sopra il catino absidale. |
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Ritratto maschile nell'arco
della prima campata. |
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Vetrata del
presbierio raffigurante l'adorazione di Gesù Bambino. |
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Affreschi di
De Passeris all'interno dell'abside raffiguranti la
Natività (in alto) e lo
Sposalizio della Vergine
(in basso). |
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Ex voto (ora
in restauro) raffigurante il miracolo del 18 giugno 1736. |
…’ndem a
la Sasèla! (Pietro Pizzini, En tuchèl de Sundri in sundras’ch)
Pizzini descrive la strada che porta alla Sassella nella
poesia “…’ndem a la Sasèla!”.
“Questa stradicciola, quasi pensile, non è altro che l’antica
Strada Valeriana…; fino ad alcuni decenni fa, era percorsa non
solo da chi andava al Santuario per devozione o per la
passeggiata lungo la “strada degli apostoli”, ma anche dai
contadini diretti al mercato. Abbastanza frequentata, quindi,
come via di comunicazione ”
Se ’l-ve pias ’ndà a spass,
in Arquin u a Triass,
fii la strada in pirlinghèla
cha la porta a la Sasèla.
In mèzz ai vigni, i l’à taiada,
pö ’ndi crapp i-à ligada;
el te par pugiö infilat
che spia-giù de sutt ai prat.
A pasach de primavera,
te-se-fê ’na bèla cera;
a turnà de san Martin,
la udura amò de vin.
I ghe ’ndava anca i nos vecc,
da Cantun u Scarpatecc
e i pasava in prucesiun,
i ’ndi temp di rugaziun.
Quanti agn la g’à ’sta strada?
Tanti cume la contrada;
e perché se ghe tê ’nscì tant?
L’è pö quela di «Apostui Sant»…
I la üsava i caiulatt
A ’ndà al mercâ a vent puiatt
E i castiun cunt i pustales
I pasava a des-a-des.
Ma perché l’è pö insc’ bèla?
Per fach unur a la Sasèla,
a la gesa che i nos gent
i ghe ’ndava a cör cuntent.
Cunt i furest che se incantava
E quai d’ün anca el pregava
La Madona de Sasèla,
cume ’l föss la su’ surèla.
Quanti giuèn, dal piazzàl,
i s’è facc en gran regal
de trà insema, chì in salida,
’na famiglia bèla e ünida.
’sta gesèta la salüda
chii che po-sa e chii che süda;
i furest e i valtelin,
quii luntan e qui visin!
Testi di: Carlo Fiorina,
Alberto Gianoli, Daniele Sosio e Antonina Vicari.
Tratto da: "Storia ed arte in Valtellina" |