L'oratorio per le vocazioni

I ragazzi, gli adolescenti e i giovani vivono delle esperienze rilevanti in oratorio. E pertanto necessario che sia sempre presente un’attenzione di fondo alla maturazione spirituale in senso vocazionale.
Ogni persona è amata da Dio in modo unico e originale. Occorre aiutare chi si apre alla vita a scoprire con gioia che cosa voglia il Signore da lui. Il tutto in un clima di serenità - non di ansia malcelata - e presentando l’esperienza cristiana come fonte di gioia per sé e per gli altri.

 

a)Le vocazioni di particolare consacrazione

Pare necessario un richiamo previo. Se la vocazione è un dono di Dio, ciò significa che non saranno in primo luogo le molteplici esperienze umane o le strutture pastoralmente efficienti a far sorgere nuo­ve e generose risposte.
Si può correre il rischio di pensare che, avendo predisposto tutto quanto si farà in seguito, quasi automaticamente sorgeranno vocazioni di particolare consacrazione. La vocazione rimane sempre un regalo misterioso dello Spirito e, comunque, le vie di Dio sono diverse dalle nostre.
Perciò il primo compito della Pastorale vocazionale, anche in oratorio, resta la preghiera per le vocazioni, come appello al “Padrone della messe” perché, nei tempi e nei modi da Lui stabiliti, mandi gli operai necessari (cfr. Mt 9, 38). E anche quando i frutti di un lavoro serio e intenso non venissero, non è mai lecito alla comunità cristiana perdere la speranza e, tanto meno, rinchiudersi in una rasse­gnata indifferenza.
Ciò detto, si apre tutto il campo di lavoro per predisporre il terreno più opportuno nel cuore dei giovani e delle ragazze, ai quali il Signore può rivolgere il suo appello: “Vieni e seguimi” (cfr. Lc 18, 22).
Si nota, in primo luogo, che, se le risposte appaiono probabilmente inferiori alla chiamata divina, molta parte di responsabilità sta in una diffusa mancanza di “valori base” sui quali innestare dei “sì” generosi.
Per questo, l’esperienza degli anni di oratorio dovrebbe consentire una serie di passaggi significativi, quasi un progressivo “esodo” verso l’ideale della “piena maturità di Cristo” (Ef 4,13).
Senza dimenticare, però, che anche quando un ragazzo o un giovane vive l’esperienza del fallimento, dei limiti e del peccato - la tentazione di “tornare in Egitto” non è mai definitivamente sconfitta -, deve poter ritrovare in oratorio la gioia del perdono e di una comunità che incoraggia e riaccoglie senza giudicare.
- Dalle insicurezze e fragilità emotive a una serena considerazione di sé, del mondo e delle cose.
Il clima gioioso della vita in oratorio, la progressiva assunzione di responsabilità, il confronto con adulti significativi, la scoperta di essere amati da Dio per quello che siamo - poiché ognuno è una ricchezza insostituibile - sono un presupposto essenziale per questo primo “esodo”.
- Dal pensare a se stessi all’autentica apertura verso gli altri.
L’oratorio non è composto da un gruppo di “spiritualità” particolare e ristretta. Vi si incontrano bambini, giovani, adolescenti, studenti e lavoratori, adulti anche.
Non sempre tutti “ci piacciono”. Vero “esodo” è accogliere la differente esperienza, nell’unica fede, o anche nella leale ricerca di Dio, come valore e arricchimento, e sforzarci di rendere disponibili le doti di ciascuno per un autentico incontro cristiano e umano con tutti.
Per questo, pur nel rispetto delle singole tappe della evoluzione della persona, si evitino in oratorio gruppi più preoccupati della propria sopravvivenza, che della crescita della comunità.
Giova richiamare, a tale proposito, l’importanza di una sana educazione alla missionarietà. Far co­noscere i problemi della Chiesa nel mondo. Aprire gli occhi sui drammi di molta parte dell’umanità. Informarsi - non manchino in oratorio riviste missionarie adatte alle varie età - e formarsi a una vita più austera e generosa. Avviare esperienze di servizio nel “volontariato sociale”. Ciò, e altro ancora, pare irrinunciabile per questo secondo “esodo”.
- Dall’incostanza alla fedeltà agli impegni assunti con generosità.
E’ vero: oggi i ragazzi sono subissati da attività parascolastiche, sportive, culturali e via dicendo. Può venire la tentazione di non fare altre proposte di impegno, proprio per non soffocare chi viene all’oratorio. Si deve, certo, evitare di chiedere sempre alle stesse persone una serie continua di prestazioni - dal catechismo al canto, alla pulizia, all’organizzazione dei giochi, ecc. - a scapito, magari, della stessa formazione personale.
Tuttavia, occorre proporre ai ragazzi/e una progressiva assunzione di responsabilità, verificandola con “intelligente” discrezione e accettando con prudenza anche gli inevitabili ritardi o i piccoli incon­venienti dati dal “lavoro” di questi giovani “apprendisti”.
Gli educatori dell’oratorio sappiano concedere una esplicita e motivata fiducia.
Di fronte al proliferare degli impegni, è, d’altra parte, urgente richiamare tutti i ragazzi/e - ma prima ancora i genitori - alla necessità di stabilire una priorità di scelte. Senza nulla togliere al valore di molte attività, si deve evitare di lasciarsi fuorviare da una moda consumistica che porta i ragazzi/e a uno svuotamento di energie e impedisce, sovente, di dare il giusto spazio a una autentica formazione umana e cristiana. Lezioni di lingua straniera o di danza classica o di judo o di quant’altro di utile o dilettevole, non possono prevalere rispetto alla catechesi, alla preghiera e alla formazione a valori perenni e decisivi nella vita. Senza dimenticare che perfino lo svago, il gioco e il tempo passato lietamente con gli altri, è essenziale per formare personalità equilibrate.
- Da un agire umano a un agire cristianamente motivato e orientato.
Dentro a quanto si fa in oratorio deve emergere la convinzione di una vita che ha senso perché iscritta nel grande progetto del Regno di Dio.
La vera crescita di fede, in oratorio, deve con­durre alla sintesi tra fede e storia, tra contemplazio­ne e azione, tra ciò che è autenticamente umano e ciò che è profeticamente cristiano. In caso contrario, si snaturerebbe l’istituzione stessa dell’oratorio.
Di qui scaturisce la rilevanza di tutto quell’insieme di esperienze di fede, che devono lasciare in chi viene nell’oratorio una traccia decisiva in vista dell’ideale di piena maturità di cui si è detto sopra.
- Una volta compiuti questi necessari “passaggi”, non si è ancora giunti alla “terra promessa”, se con questo termine intendiamo la generosa risposta alla vocazione di Dio. Occorre ancora superare un tratto di “deserto”.
In particolare, pare necessario lo sforzo perché chi frequenta l’oratorio possa incontrare (non solo vedere) persone che concretamente abbiano risposto in modo definitivo al Signore.
Il sacerdote, innanzitutto. Non è “tempo perso quello che egli dedica a stare con i ragazzi. E questo non sia un compito riservato solo ai giovani Vicari. Anche un anziano Parroco - che non è chiamato a organizzare i giochi o le attività sportive - può e deve diventare testimone visibile della generosa risposta alla chiamata di Dio.
Vi possono essere preti che non provengono dall’oratorio, e che, tuttavia, all’oratorio sono chiamati a dedicare le loro energie.
Penso di capire una qualche sofferenza o, almeno, una qualche difficoltà che essi avvertono nell’accogliere questo Piano pastorale e nell’agire di conseguenza.
Non chiedo loro di rinnegare o di mettere in parentesi la storia che hanno alle spalle e le esperienze che, magari, li hanno condotti al cristianesimo e alla conversione. Domando, piuttosto, il coraggio di entrare innanzitutto nella logica delle scelte diocesane. Se e quanto rimane di tempo e di vigore, dopo aver compiuto i loro impegni parrocchiali e oratoriani, lo dedicheranno ai campi di attività da loro preferiti.
Del resto, proprio le vicende decisive della loro vita di fede li condurranno alla docilità e alla comunione con il Vescovo, con il Presbiterio e con lo stile di vita cristiana e di azione pastorale della Chiesa locale.
Ma poi vi sono i religiosi/e della parrocchia. O qualche esperienza di missionari “ad gentes”.
Alcune occasioni sono propiziate da incontri “casuali”. Altre, invece, andranno programmate anche all’interno dell’anno catechistico e pastorale.
Si valorizzi nel modo migliore anche l’eventuale presenza in oratorio di seminaristi per le attività annuali o estive.
Al riguardo, si richiama l’urgenza e la necessità di far conoscere meglio il Seminario - soprattutto il “Minore” - ai ragazzi della nostra Diocesi. A questo scopo, raccomando la lettura e la diffusione della rinata rivista “Preti”.
Un falso psicologismo non porti a immaginare che solo da adulti si può rispondere “seriamente” a Dio; non porti ad allontanare la proposta, ai ragazzi e agli adolescenti, di un tempo di ricerca vocazionale anche negli anni delle scuole medie inferiori e superiori.
Con il necessario rispetto dei ritmi del Seminario, è assai utile programmare delle visite e degli incontri significativi con questa realtà essenziale per la vita della Diocesi. Si dia il giusto appoggio anche alle iniziative di carattere diocesano esplicitamente rivolte a questo scopo.
Anche la visita a Istituti religiosi o ai Monasteri presenti nella Diocesi o altrove, va inserita in una normale programmazione di attività di proposta vocazionale.
- Infine: abbiamo il coraggio di proporre ai ragazzi/e che frequentano l’oratorio l’esplicita scelta vocazionale. Non solamente con qualche discorso fatto in gruppo. Ma anche nel colloquio personale. E non solo da parte del sacerdote o dei religiosi/e.
E’ utile richiamare il messaggio di Giovanni Paolo II per la Giornata Mondiale di preghiera di quest’anno per le vocazioni. Il Papa esorta i catechisti a collaborare a un serio orientamento per la scelta dello “stato di vita” nei confronti dei fanciulli e dei giovani loro affidati: «Siate esperti nel parlare ai giovani di oggi, pedagoghi validi e credibili nel presentare l’ideale evangelico come universale vocazione, e nell’illustrare il senso e il valore delle varie vocazioni consacrate» (n. 4).

 

b)Itinerari formativi

Il metodo con il quale l’oratorio cerca di far giungere alla meta prefissata è quello dell’animazione. Si tratta di sviluppare tutte le capacità del ragazzo e del giovane perché, con questo “tessuto”, il Si­gnore possa confezionare un buon “abito”, tagliato su misura. Insegnando anche che sono necessari dei “tagli” per raggiungere questo scopo!
Perciò l’oratorio offre opportuni itinerari formativi.
È indispensabile, infatti, che il cammino di crescita cristiana non si esaurisca con il sacramento della Cresima, ma sia, anzi, arricchito da una molteplice convergenza di proposte.
Si richiama qui, ancora una volta, la conoscenza e l’utilizzo dei sussidi preparati dalla “Commissione Giovanile Diocesana”, di cui si è detto. L’obiettiva difficoltà della proposta non può essere addotta come scusante per un disimpegno in un settore tanto importante.
Senza dei giovani formati dal punto di vista catechetico, liturgico, spirituale, caritativo e affettivo (tutte sezioni prese in considerazione da questi sus­sidi), risulta più arduo il sorgere di Vocazioni di particolare consacrazione.
Non manchi un po’ di audacia e di fantasia nel cercare di far vivere esperienze positive al maggior numero possibile di persone.

 

c)Il gusto della vita cristiana

L’oratorio deve aiutare tutti coloro che lo frequentano a percepire la bellezza della vita cristiana. Un clima gioioso, un ambiente accogliente (anche le strutture sono un segno che parla!), educatori responsabili e sereni, sono la grande lezione che l’oratorio è chiamato a offrire.
Non si deve faticare a distinguere l’oratorio da un qualsiasi ritrovo per il tempo libero.
A questo proposito, si invitano tutte le comunità a un serio esame di coscienza per chiedersi se un certo disinteresse per l’oratorio - magari lasciato in ge­stione al solo sacerdote - non sia poi una delle cause di un rilassamento nella vita cristiana, che porta gli adolescenti e i giovani ad allontanarsi da questa strut­tura educativa.
Va, però, evitato il pericolo - specie nelle parrocchie più grandi e organizzate - di trasformare l’oratorio in una specie di “supermercato”, dove le attività ricreative, i tornei sportivi, gli incontri si affastellano senza un piano preciso e mirato.
Proprio perché si possa infondere il gusto della vita cristiana, non devono mai mancare momenti specificamente finalizzati a ciò.
In particolare:
• spazi di preghiera, che aiutino un autentico incon­tro con Gesù attraverso la Parola e soprattutto l’Eucaristia;
• attenzione costante al ritmo di vita della parrocchia nel cammino dell’Anno liturgico;
• proposta di uno stile di vita che non si adagi in un facile conformismo per quanto riguarda il linguaggio, gli abbigliamenti, gli orari (specialmente serali), il rispetto degli ambienti e delle persone, ecc.
Insistendo, là dove è possibile, sugli oratori maschile e femminile, distinti e collaboranti, si raccomanda una particolare attenzione, nel caso di oratori frequentati, per esigenza della situazione pastorale, e purtroppo, contemporaneamente da ragazzi e ragazze. Non manchino proposte diversificate secondo l’età e la diversa sensibilità dei ragazzi e delle ragazze.
La presenza di educatori preparati deve favorire anche uno stile serio di crescita e di maturazione nel campo dell’affettività da parte di tutti gli oratoriani. Senza lasciare nel cassetto la proposta liberante della virtù della castità cristiana come via per una autentica formazione al pieno possesso di sé in vi­sta di un autentico dono agli altri. Condizione essenziale, questa, non solo per ogni forma di consacrazione religiosa, ma anche per la stessa vita matrimoniale.

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